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Antonio Preto, Il Sole 24 Ore, 14/06/2005

L'Europa apre agli Ordini. Gli Stati possono affidare alle organizzazioni attività connesse alla libera circolazione. La direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali ( approvata definitivamente dal Consiglio Ue il 6 giugno) riconosce e definisce la specificità delle professioni liberali. La specificità si concretizza nella personalità, nella responsabilità individuale e nell'indipendenza di chi svolge una professione liberale. Il professionista svolge prestazioni di natura intellettuale ( distinte da quelle esecutive), nell'interesse del cliente e della collettività.

Le professioni liberali, proprio perché perseguono l'interesse generale, possono essere esonerate dalla disciplina tipica di chi pratica il commercio e l'industria, come la libera concorrenza, purché ciò avvenga nei limiti di quanto è strettamente necessario a tali obiettivi. In questo quadro, gli Stati Ue potranno prevedere regole che pongono limiti all'esercizio della professione, stabiliti per legge ma anche attraverso codici di autoregolamentazione degli organismi professionali. La direttiva consente la valorizzazione degli Ordini ( o delle associazioni laddove esse siano chiamate a svolgere funzioni analoghe dagli ordinamenti nazionali).

Infatti, gli Stati possono delegare questi organismi a svolgere competenze che la direttiva lascia alla competenza nazionale. Tra queste: il ricevimento e la valutazione della dichiarazione preventiva in occasione del primo spostamento del professionista che intende esercitare in libera prestazione dei servizi; la verifica, in occasione della prima prestazione di servizi delle qualifiche professionali aventi impatto sulla salute e la sicurezza che non siano disciplinate dalla sezione specifica della direttiva; lo scambio d'informazioni nell'ambito della cooperazione amministrativa; la conferma dell'autenticità dei documenti forniti dal prestatore di servizi; l'esame della richiesta di autorizzazione per l'esercizio della professione.

In realtà la direttiva non fa che prendere atto della situazione esistente nella maggior parte degli Stati membri, ove i poteri pubblici delegano parte della gestione delle professioni a organismi autonomi.

Tuttavia, la direttiva non prevede alcun obbligo di riconoscimento delle associazioni se non per quelle britanniche e irlandesi tassativamente elencate. La professione esercitata dagli iscritti è assimilata alle professioni regolamentate e le associazioni sono ora sottoposte agli obblighi in materia di riconoscimento e iscrizione. In questo modo le associazioni britanniche e irlandesi non potranno più rifiutare l'iscrizione ai cittadini di altri Paesi Ue obiettando che la professione può essere esercitata da un cittadino di un altro Paese Ue senza riconoscimento perché non regolamentata. La legittimazione degli organismi rappresentativi delle professioni non ha rilievo solo a livello nazionale ma anche europeo.

Infatti, se desiderano dotarsi di un sistema specifico di riconoscimento basato sul coordinamento degli standard di formazione, anziché soggiacere al sistema generale, possono presentare alla Commissione una domanda motivata. La Commissione è tenuta a valutare la fondatezza della richiesta e a proporre eventuali integrazioni alla direttiva.

Le organizzazioni professionali hanno la possibilità di proporre piattaforme comuni per facilitare il riconoscimento e partecipano alla definizione delle misure di esecuzione della direttiva ( comitologia). Infine, l'introduzione, a livello europweo, di tessere professionali da parte di associazioni o organizzazioni professionali potrebbe agevolare la mobilità dei professionisti, in particolare accelerando lo scambio di informazioni tra lo Stato membro ospitante e quello di origine.



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