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Cassa: riforma con intensità variabile

Il Sole 24 Ore, 08/03/2004

Dottori commercialisti già allineati - Per gli enti nati nel ’96 salvi i limiti più severi ma è a rischio la vecchiaia anticipata. Il progetto di riforma previdenziale del Governo,fissando per le Casse di previdenza dei professionisti i paletti minimi per la pensione, salva le disposizioni più severe previste nei singoli ordinamenti. Questo vale sia per gli enti privatizzati con il decreto legislativo 509/94, che però dovranno rendere più restrittive le misure sulle anzianità, sia per quelli nati dal decreto 103/96 che, dotati del solo regime di vecchiaia, già prevedono un sistema più rigoroso rispetto all’emendamento alla delega. L’emendamento del Governo alla delega-pensioni,che sarà in discussione nell’Aula della Camera da martedì prossimo, ha indicato i paletti minimi, che fanno salve sia le eventuali disposizioni più restrittive già in vigore, sia quelle che le Casse vorranno varare in questa direzione in autonomia. Restano dunque valide le età pensionabili esistenti, anche se più gravose.

Nella tabella a fianco sono "fotografati" i requisiti minimi in vigore in ciascuna Cassa, sia sul fronte delle prestazioni di vecchiaia che delle anzianità. Le pensioni di vecchiaia. Nel primo caso, i liberi professionisti devono, già oggi, andare in pensione a 65 anni di età, senza alcuna differenza fra donne e uomini; alla pari con quanto disposto nell’emendamento alla delega che però "sconta" cinque anni alle donne, fissando il minimo a 60 anni. Quasi tutte le Casse stabiliscono, oltre l’età anagrafica, almeno 30 anni di versamenti, tranne i notai che ne richiedono almeno 20 e le professioni contabili — dottori commercialisti e ragionieri — che prevedono anche l’opzione dei 70 anni "in tandem" con 25 anni di contributi. L’assegno di vecchiaia, calcolato con il sistema contributivo, è anche la prestazione principale che le cosiddette "nuove Casse", quelle nate dal decreto legislativo 103/96, possono erogare. I regolamenti prevedono per tutti il requisito dei 65 anni e un minimo contributivo di cinque. Tuttavia — e questo potrebbe essere per loro l’unico ancorché significativo cambiamento — biologi, Cassa pluricategoriale (che comprende attuari, chimici, geologi, dottori agronomi e forestali), periti industriali e infermieri prevedono la possibilità di una vecchiaia "anticipata", con ritiro a 57 anni e versamenti pari, rispettivamente, a cinque, 35, 40 e ancora 40 anni. Per i biologi, poi, la rendita liquidabile non deve essere superiore ad 1,2 volte l’importo dell’assegno sociale. Se l’emendamento alla delega dovesse passare indenne il voto parlamentare, senza deroghe in materia, queste condizioni di favore dovrebbero scomparire.

Le prestazioni di anzianità. Ma sarà il capitolo delle anzianità quello cui le Casse, privatizzate con il decreto legislativo 509/94, dovranno mettere mano per adeguarsi ai vincoli imposti dall’emendamento del Governo. Il pensionamento per anzianità è stato sempre previsto in tutte le Casse in presenza di 35 anni di versamenti, subordinato alla cessazione dell’attività. La legge 355/95 ha però adeguato il requisito alla nuova normativa valida per tutte le gestioni, richiedendo anche un’età minima, attual mente pari ai 58 anni previsti per i lavoratori autonomi, e l’applicazione delle finestre per la decorrenza.

Per tutti, o quasi, gli enti, sono previsti almeno 40 anni di contributi o, in alternativa, 35 anni di versamenti e 58 anni di età. Già in linea con la delega saranno i dottori commercialisti, che hanno avviato una radicale riforma e che già dal 1 gennaio 2005 hanno previsto un’età minima di 61 anni e 38 di versamenti. Con l’ulteriore impegno a passare, gradualmente, dai 65 anni (limite minimo per l’assegno di vecchiaia) a 68 anni entro il 2010.

Non hanno mai varato una soglia anagrafica minima per andare in pensione i notai (cui bastano, per l’anzianità, 35 anni di contributi), mentre per i ragionieri (che già includono due anni in più di versamenti, in tutto 37) e i geometri hanno introdotto forti disincentivi per chi intenda ritirarsi appena maturata l’età richiesta: una decurtazione dall’assegno mensile, rispettivamente, del 41 e del 25%; il taglio si riduce quanto più ci si avvicina alla soglia dei 65 anni. Dunque, se l’emendamento dovesse tradursi in legge, le Casse saranno chiamate ad adeguare i limiti anagrafici ai vincoli imposti al settore pubblico, con i parametri previsti per i lavoratori autonomi: 61anni entro il 2008 e 62 per il 2010.



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