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Governare i cambiamenti e rilanciare la professione. Verso le elezioni dei Consigli dell'Ordine degli psicologi

di Luigi Ranzato, pubblicato il 01/10/2005, fonte Simposio, Anno 1, numero 1, ottobre 2005

tag: psicologi, ordini professionali, elezioni

Cinque anni per ritoccare un regolamento elettorale, che dovrebbe permettere ai triennalisti (sparuti fantasmi?), di partecipare al voto, rappresenta bene la cifra di quel teatrino dell’assurdo, che tra proroghe e promesse, il nostro Consiglio Nazionale ha recitato con i Ministeri e il Parlamento dinnanzi ad una platea di Psicologi sempre più incredula e disgustata.

Per uno come il sottoscritto, che ha creduto fino in fondo all’Ordinamento della professione di Psicologo, approvato con la Legge 18.02.1989 n. 56, la progressiva perdita di fiducia della categoria professionale verso l’istituzione ordinistica, accompagnata da una crescente disaffezione che incide negativamente anche sulla professione e la sua identità, denuncia l’aspetto più inquietante di questa fallimentare consigliatura nazionale appena lenita da qualche buona performance regionale. L’ottimismo insomma ha abbandonato la professione e le sue istituzioni. Pensare oggi di invertire questa tendenza senza un profondo cambiamento di idee, di uomini e di prospettiva rappresenterebbe un’ulteriore beffa inferta alla nostra categoria.

Sono convinto che, in questo momento di transizione, il nostro Ordine possa e debba ancora far prevalere le ragioni della politica professionale rispetto a quelle burocratiche e debba quindi essere capace di scelte forti anche in relazione alla forza rappresentativa della categoria che conta 45.000 iscritti destinati a raddoppiarsi nei prossimi cinque anni. Scelte improrogabili, su cui si sta giocando il futuro lavorativo dei giovani colleghi, come quella del raccordo tra titoli accademici, uscita dall’università, percorsi specialistici, ambiti di tirocinio, norme concorsuali, equipollenza della laurea, vecchie e nuove strutture lavorative: un dedalo folle. Scelte strategiche come quelle di tipo culturale che investono l’ambito della formazione degli Psicologi, ma anche i rapporti tra professioni affini. Scelte pragmatiche come il sostegno ai colleghi verso nuovi modelli organizzativi di lavoro. Scelte regolamentari, come il voto a doppia maggioranza (stile Consiglio Europeo) nelle deliberazioni nazionali, per dar peso proporzionale ai grandi ordini senza svilire la rappresentanza istituzionale degli altri. Scelte organizzative di comunicazione e marketing…

E’ sotto gli occhi di tutti il precoce invecchiamento che in questa consigliatura ha subìto la nostra struttura ordinistica, andando sempre più ad equipararsi a quella di tipo burocratico degli Ordini delle professioni più antiche. Questi Ordini possono contare su di una professione socialmente, culturalmente ed economicamente più affermata e sull’esistenza di strutture di supporto e di riferimento al di fuori dell’Ordine che sono molto più importanti ed efficienti dell’Ordine stesso. Si pensi ad esempio per i medici alle cliniche su cui poggiano le facoltà di Medicina, alle molte società scientifiche che governano i processi formativi e professionali, ai loro sindacati. Così è per avvocati, farmacisti, ingegneri, notai ecc. Per tutte queste professioni forti, l’Ordine svolge ora la funzione di custode delle posizioni professionali, culturali e sociali acquisite e può dunque legittimamente permettersi una politica di conservazione e parcheggio anche dei suoi rappresentanti e quadri meno professionali, come sindacalisti ed ex sindacalisti, politici ed ex politici…

La nostra professione oggi non può permettersi né un Ordine che fa il guardiano ad una casa vuota, né un Ordine che gestisce solamente un ufficio burocratico, o una struttura come i tanti Enti inutili che vivacchiano nel nostro paese per consentire ai consiglieri di perpetuare insignificanti rendite di posizione. Non so immaginarmi se e come sarà l’annunciata riforma del sistema ordinistico in Italia. Non so neppure se prevarranno le istanze più liberiste provenienti dall’Europa, dall’Antitrust e dalle professioni del terziario avanzato e dalle nuove professioni. Non so se sarà mai possibile una trasformazione dell’ordinamento professionale nella direzione del modello dell’American Psychological Association o della British Psychological Society. So invece che non si potrà ancora credere alle promesse di riforma che immancabilmente ognuno dei due schieramenti elettorali programmerà prima delle elezioni politiche.

Basta leggere i nuovi regolamenti elettorali degli altri 11 Ordini apparsi sulla Gazzetta Ufficiale del 26.8.05 (D.P.R. 8.07.2005 n.169). Sono un esempio lampante della macchinosità burocratica che le classi dirigenti politico-sindacali hanno costruito con i Ministeri. In essi si prospetta un labirinto apparentemente democratico di partecipazione che decreta in realtà l’autopermanenza di queste classi ai vertici delle istituzioni e condanna l’Ordine ad un ruolo asfittico e nominalistico. Vedremo se e come sarà il nostro regolamento elettorale ancora in gestazione in questo momento e se il colpo di mano dei nostri consiglieri nazionali di autoperpetuarsi avrà successo. Paradossalmente sono ancora i precisi limiti della legge 56/89 che ci daranno qualche chance per i cambiamenti necessari nel futuro.

Nondimeno, con tutti i limiti e tutte le incertezze, si sta aprendo oggi una fase delicatissima di transizione. Mi auguro porti ai vertici delle nostre istituzioni regionali e nazionali persone coraggiose, che conoscono il mestiere degli Psicologi, lo praticano e ci credono, che siano risolute nel “governare i cambiamenti e rilanciare la professione”.

Come per la fase storica che ha portato all’approvazione della legge di riconoscimento della professione di Psicologo attraverso l’istituzione dell’Albo e dell’Ordine, è necessario dar vita anche oggi ad un movimento di grande mobilitazione degli Psicologi. Ciò non per difendersi (vedi le proposte di numero chiuso per accedere ai corsi di laurea e di Psicoterapia avanzate da alcuni candidati e associazioni o la nuova chiamata per la caccia alle streghe cattive) ma per riproporre e rilanciare la professione, a cominciare dalla propria casa: le facoltà di Psicologia, le associazioni scientifiche e professionali, le strutture del lavoro professionale, il sindacato stesso.

Mobilitazione è parola abusata, ma il senso è chiaro: nella prossima consigliatura bisogna coinvolgere e far partecipare i 100.000 Psicologi, presenti e futuri. Senza l’ascolto delle loro attese e delle loro esperienze che rappresentano la grandezza e la verità di una professione molto valorizzata dai cittadini, senza l’attenzione alle risorse culturali e sociali nuove di cui sono portatori, senza la forza che proviene dall’amore e dal piacere per la propria attività, senza l’impulso che sgorga dalla loro creatività, credo che l’Ordine sarà testimone del declino annunciato di una professione da molti ritenuta già in crisi.

Per questo motivo nei prossimi consigli dell’Ordine non abbiamo bisogno di necrofori ma di Psicologi aperti ai cambiamenti e molto risoluti nel raggiungere gli obiettivi condivisi dalla base. Alcuni di questi sono stati già sottoscritti da oltre un migliaio di colleghe e colleghi in adesione al noto “Manifesto programmatico: accordo professionale per la Psicologia” dell’autunno scorso. Questi obiettivi indicano non solo un’azione da realizzare, ma anche un metodo da seguire.



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